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Il 2008 rischia di essere per Wall Street l'anno più nero di tutti i tempi. A tre giorni dalla fine delle contrattazioni di quest'anno l'indice Standard & Poor's è in calo del 40,6% dalla chiusura del 2007. In pratica gli mancano soltanto una o due giornate negative per superare il -47,1% del 1931, l'anno in cui si è registrato il peggior andamento borsistico di tutti i tempi. Secondo l'indice Dow Jones Wilshire 5000, quest'anno i listini statunitensi bruceranno la cifra record di 7.300 miliardi di dollari.
Subprime e non solo. Tutto è cominciato con la crisi del settore immobiliare Usa e in particolare con quella dei subprime, che ha contagiato il settore finanziario, conducendo prima al credit crunch, la paralisi della liquidità creditizia, e poi alla recessione. Le borse hanno fatto da catalizzatore di questa tempesta economica e finanziaria, che non ha ancora finito di imperversare e che ha drammaticamente cambiato il panorama di Wall Street. Alcuni dei pilastri su cui si reggeva il grattacielo della finanza Usa non hanno retto. Prima è toccato a Bear Stearns, poi ad Aig, il gigante delle assicurazioni, che il governo Usa ha dovuto nazionalizzare. Tra Lehman e Madoff. A seguire, è arrivato il crollo di Lehman Brothers, dietro al quale, con un impressionante effetto a catena, forse inizialmente sottovalutato dalle autorità Usa, tutto il mondo dorato delle grandi banche d'affari americane, si è sbriciolato nell'arco di pochi mesi. Goldman Sachs e Merrill Lynch hanno dovuto rinunciare al loro status di investment bank per trasformarsi in normali holding bancarie e cercare protezione dietro all'ombrello della Fed. Le banche centrali di tutto il mondo hanno cercato di rimettere in moto il sistema finanziario internazionale, paralizzato dalla crisi, con gigantesche immissioni di liquidità e tagliando i tassi fin quasi a quota zero. Poi, quando la crisi dal sistema finanziario è passata all'economia reale, allargandosi dagli Usa a tutto il mondo, prosciugando i consumi e innestando la retromarcia alla crescita produttiva, è toccato ai governi nazionali mettere in campo colossali piani di aiuti. Gli Usa hanno avviato il Tarp, un programma di stabilizzazione del sistema finanziario da 700 miliardi di dollari, che ultimamente la Casa Bianca ha accettato, a denti stretti, di allargare anche al comparto dell'auto, per evitare il fallimento di General Motors e Chrysler. Come se non bastasse a peggiorare il quadro è arrivata nell'ìultimo spicchio dell'anno la gigantesca truffa finanziaria di Bernard Madoff, l'ex presidente del Nasdaq, che ha bruciato 50 miliardi di dollari con la sua società finanziaria. La ricetta di Obama. Il presidente eletto Barack Obama, che s'insedierà il prossimo 20 gennaio, ha già detto che intende varare un altro piano di stimoli all'economia, che molti esperti stimano tra i 700 e gli 850 miliardi di dollari, il cui obiettivo dovrà essere quello di creare almeno 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Intanto anche il Giappone e la Cina hanno messo in campo due piani di aiuti all'economia da oltre 800 miliardi di dollari l'uno, mentre l'Europa sta faticosamente cercando di mettere assieme risorse e la commissione Ue ha predisposto un piano da 200 miliardi di euro, pari all'1,5% del Pil dei 27 Paesi membri, che il Fmi ha già definito insufficiente. Gli osservatori internazionali parlano di una crisi globale di proporzioni mai viste prime, definita la peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione degli anni Trenta.
In queste ultime sessioni che mancano alla fine dell'anno, non si è visto nessun rally di fine anno, o di 'santa Claus' per i mercati azionari, segno, secondo gli analisti, che si prepara un 2009 ancora più nero del 2008 e quindi un nuovo drastico ridimensionamento della capitalizzazione di borsa dei titoli quotati. La prossima settimana si prevedono scambi leggeri in Borsa e poi, martedì 30 dicembre, arriveranno i dati del Conference board sulla fiducia dei consumatori Usa a dicembre. Mentre venerdì 2 gennaio, verranno diffusi i dati Usa dell'indice Ism manifatturiero di dicembre, previsti ancora in calo e ben al di sotto dei 50 punti e cioè del livello che separa una fase di contrazione da una di espansione dell'economia.
La corsa dei bond gioverà alle azioni di Walter Riolfi commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 27 DICEMBRE 2008 Gli indici e la classifica delle borse Il mappamondo delle azioni Fortuna che la settimana è stata corta a Wall Street e cortissima in Europa. Altrimenti avremmo potuto vedere chissà quali perdite sulle Borse. O forse abbiamo visto perdite del 2% circa, e tutte accumulate nelle sedute di lunedì e martedì, proprio a causa del clima festivo: perché è stata la prudenza a consigliare gli investitori, non la suggestione di un possibile rally (corsa) di fine anno. Ci si può consolare osservando che lo Standard & Poor's è su del 15% circa dai minimi di un mese fa (ma appena del 6% lo Stoxx). E per quanto molto se ne parli e in tanti mostrino di sperarci, nessuno osa in realtà scommettere che tra il 20 e il 21 novembre le Borse abbiano davvero toccato il fondo. Eppure questa settimana qualcosa di buono l'ha suggerito: non per le azioni, ma per le obbligazioni, specie per i bond societari che sono tutti saliti facendo, dunque, scendere i rendimenti. E un poco di fiducia in più sui titoli di debito delle imprese non può che far bene all'economia e, quindi, anche alle Borse. Uno studio dell'autorevole National Bureau of Economic Research (Nber) mostra che nell'imminenza di una recessione i rendimenti dei titoli a rating Baa (ossia tripla B), balzano verso l'alto; e cominciano a scendere verso la metà di una recessione: ossia quando s'è visto il momento peggiore della crisi. In altre parole, quando s'è toccato il fondo. Il fenomeno è normale se si pensa che i cicli economici (e anche i mercati azionari, delle materie prime e della casa) sono finanziati dal credito. Nella presente, grave contrazione economica, il rapporto tra il rendimento dei titoli Baa e quello del Treasury decennale ha raggiunto negli Usa il livello più alto mai registrato: con 3,31 nella prima metà di dicembre, s'è superato il 3,12 del giugno 1932. A confronto la recessione del 2001-02, con 1,96, quella dell'80-82, con 1,35, sembrano poca cosa. Ma nella presente condizione, la crisi del credito ha giocato un ruolo che non s'era mai visto, se non negli anni Trenta. E più che una contrazione (crunch) del credito, s'è trattato di un vero e grave caso di solvibilità dell'intero sistema finanziario americano e in parte europeo: problema che, secondo Nber, è stato compreso solo in ritardo dalle autorità monetarie. Ora, i rendimenti dei titoli Baa sono in discesa da quasi due settimane. Soprattutto sono in calo gli spread con i titoli di Stato di analoga durata. Moody's ha calcolato che nei primi 22 giorni di dicembre, il ritorno medio (incluso il capital gain) dato dai titoli investment grade (ossia fino a tripla B) è stato del 5,95% contro il 3,9% dei Treasury. Inoltre anche i fondi americani che investono in bond spazzatura hanno raccolto 729 milioni tra il 17 e il 24 dicembre. Se non c'è stato il "tradizionale" rally di fine anno per le Borse, s'è visto invece quello dei corporate (aziendali) bond. E se il risveglio delle obbligazioni non dovesse rivelarsi effimero, si può concludere che il momento peggiore per i mercati azionari, soliti scontare con 6-9 mesi d'anticipo i cicli economici, sia stato raggiunto. Se i valori del 20-21 novembre scorso coincidano con i minimi, come vorrebbero gli ottimisti, o che rappresentino un intorno ai minimi del ciclo borsistico, come suggeriscono invece i meno ottimisti, le azioni possono comunque essere ritenute attraenti. Norm Conley, presidente di un piccolo hedge fund, ha calcolato fin dal 1926 che, se si fosse investito nell'S&P500 solo quando il rapporto tra titoli Baa e Treasury stava scendendo, si avrebbe avuto un ritorno medio annuo del 18%, contro l'1,34% realizzabile investendo quando il rapporto cominciava invece a crescere. È intuibile: perché quando scendono i differenziali di rendimento e gli investitori cominciano a a spostarsi sui titoli a rischio più alto dei Treasury, anche le azioni sono prossime a riprendersi. In settimana l'S&P ha perso l'1,7% e il Nasdaq il 2,3%. Lo Stoxx è sceso dell'1,7% (-2,7% Milano, -3,4% Parigi, -1,4% Francoforte e -1,6% Londra).
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